Illis temporibus dixit Lucius Annaeus Seneca

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di Guido Di Stefano

A quei tempi (si navigava a vele e a remi) disse Lucio Anneo Seneca: “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. Dava per scontato che il marinaio sapesse da dove veniva!

Oggi direbbe: “Non c’è speranza per il marinaio che non sa dove andare (o meglio dove sta andando)”.

Ovviamente il grande pensatore non intendeva circoscrivere il pensiero all’  “unus nauta”, assumendo il concetto i contorni dell’universalità nell’operare dell’umanità, al di fuori di ogni contingenza spazio-temporale e tecnico-scientifica.

L’ homo è stato, è e sarà sempre un essere pensante nel bene e nel male, capace di elevarsi  verso il cielo se ha nobili orizzonti da raggiungere o di precipitarsi nel buio baratro se il suo sguardo si ferma ai suoi piedi.

Spaziamo un poco e  guardiamo ogni comunità umana come un vascello (non importa quanto grande) e ogni governante (o leader) come il marinaio del filosofo. Poi consideriamo che il vascello si trova a navigare (una volta si sarebbe detto “veleggiare”) nel vasto e tempestoso oceano della globalizzazione economico-finanziaria, nelle cui profondità si cela la “bestia” di biblica memoria.

Se il marinaio non conosce neppure il nome naturale del suo vascello (alias storia, origini, identità) e non lo sa governare e pilotare , se continuamente regola la rotta senza una meta precisa ma su indicazioni approssimative di suadenti o minacciose voci cosa succederà?  Qualche tempesta affonderà e affogherà tutti? Il natante naufragherà o approderà su ostili lidi dove i suoi occupanti saranno asserviti, compreso il marinaio incapace e senza onore?

Che il vascello si chiami UE, NATO, Italia, Sicilia o come meglio (o peggio) vi pare non cambia nulla: basteranno (o forse dobbiamo scrivere bastano?)  pochi incapaci per farlo naufragare portando agli inferi e/o alla schiavitù gli occupanti.

Qualcuno  obietterà: “Non può succedere in Italia, nella UE, nella NATO, in Occidente: c’è la democrazia!”.

Forse sarebbe il caso di dire “c’era una volta la democrazia in occidente”!  Dobbiamo tenere presente che da sessanta anni circa  si usa e abusa di trattati bilaterali, internazionali, sovra-nazionali, trans-nazionali: trattasi dei più “incisivi” frutti della globalizzazione e in ispecie sono  contratti che vengono firmati da capi di governo (eletti o non eletti) spesso nella “non conoscenza specifica” dei popoli, sui quali ricadono oneri e dolori. I globalizzatori sottolineano il loro valore vincolante, anche in dispregio alle costituzioni proprie di ogni nazione,  in quanto i governi rappresentano i popoli. E dimenticano che i governi tutti (competenti o incopetenti, eletti o unti dall’alto) hanno una “procura” (più speciale che generale) delimitata dai paletti fissi e invalicabili della costituzione e dalla “parola d’onore” della campagna elettorale: primi interessi bene comune, libertà, verità, fratellanza, solidarietà, luce, pace, uguaglianza, giustizia …. Negare la validità dei “paletti” equivale alla negazione della validità e dell’esistenza di situazione (e stato) di diritto; e quindi così si afferma come valido il solo principio della forza, variamente teorizzato, applicato e definito nei tempi: siamo passati dal semplice detto “chi è sopra comanda e chi è sotto si danna” all’andreottiano “il potere logora chi non ce l’ha” per arrivare all’attuale globalizzazione manichea e doppiopesista che definisce buoni i suoi creatori e i suoi sottomessi  e cattivi i resistenti (a rischio di  eliminazione).

Che siano vere le voci “metropolitane” che vagheggiano le volontà di ribellione di un defunto illustre americano prematuramente scomparso e di un altro famoso francese da tempo defunto? Certo era ed è che per loro veniva prima l’essere umano.

Ora a tratti temiamo che sia tragicamente prossima l’uscita della “Bestia” apocalittica dalle nere profondità del mare e che in pieno delirio globalizzatore tutti gli uomini vengano “marchiati” anche per potere spendere i frutti del proprio lavoro. Troppo insistono gli dei della finanza per togliere il vile denaro dalle mani della gente e farlo passare attraverso i “domini” del www: e i così detti leader “abbozzano” tutti,  tranne i ribelli.

A proposito: abbiamo letto tempo fa che qualche esperto di lingue che furono (nel nostro caso quella usata dall’evangelista Giovanni nell’Apocalisse)  sostiene che forse il nome della Bestia va letto come “www” e non come “666”. Con questo non si vuole affermare che solo i demoni usano internet ma che il cyber-mondo   è sempre più invaso e dominato dai demoni.

Forse a questo punto, sulla base degli ultimi due secoli di storia,  sarebbe il caso di rivisitare il vecchio adagio che recita: “ogni popolo ha i governanti (o capi) che si merita”. Siamo propensi ad affermare che i popoli sono per lo più vittime dei propri governi poiché troppi “capi” o “leaders” (per qualunque  strada abbiano raggiunto la vetta) non meritano di “rappresentare” alcun popolo perché non definibili incorrotti e incorruttibili e quindi  incapaci di gestire con giustizia e nell’interesse del popolo il potere che esibiscono. E volendo approfondire si scoprirebbe forse che i poveri non odiano i ricchi come tali ma odiano le incontrollabili e incontrollate ricchezze di quanti le accumulano seminando terrore, minacce, vessazioni, miseria, fame, devastazioni, depauperamento, annichilimento dell’essere umano. Il tutto confuso nel caos, nelle tenebre delle menzogne e nel rumore delle vuote informazioni.

Tanto per fare un esempio ripassiamo la storia. Da almeno due secoli personaggi non certamente “solari” con continuità e costanza degne di ben altre cause opprimono l’occidente con l’artificioso incubo del “vorace” nemico russo, anti-europeo, anti-americano, anti-tutto; gli stessi capaci di definire europei gli asiatici ottomani.

I fatti dicono ben altro.

Anno 1812 Napoleone Bonaparte, imperatore dei Francesi, “sponte sua” invade la Russia: è l’inizio della sua fine, con grande gioia dei “vecchi” imperi occidentali.

Anni 1853-1856 troviamo la guerra di Crimea ovvero una nuova aggressione alla Russia che vede come attori Francia, Regno Unito e impero ottomano cui, per utilità politica, si associò il Regno di Sardegna: motivo (occidentale) scatenante fu il predominio marittimo cui fu aggiunta (a beneficio dei popoli innocenti) la “nobile” coloritura dei luoghi sacri.

Anni 1917-1920: truppe anglo-americane si “esibiscono” nella Russia contro i “rossi” e a favore dei “bianchi”. Provate a indovinare chi era il ministro della difesa nel Regno Unito: lo ritroveremo in seguito come primo ministro!

Anno 1941: Adolf  Hitler ordina l’invasione della Russia  e l’Italia vi partecipò ma , come si dice in gergo, ci lasciarono le penne.  Nel 1945 le truppe russe entrarono a Berlino. Fu un ingresso affrettato perché un primo ministro occidentale meditava già di re-invadere il suolo dello “scomodo” alleato. Chissà forse fu in questa circostanza che gli yankee impararono (o perfezionarono) l’arte di “combattere gli amici di ieri facendosi aiutare dai nemici di domani”.

Anno 2014: per “venti” esterni va in subbuglio l’Ucraina con conseguente distacco della Crimea e ritorno della stessa (Crimea) alla Russia. Potevamo mancare noi Italiani a questa nuova guerra di Crimea impostata sulle sanzioni? Certamente no, mai avremmo dato un dispiacere agli imperatori di turno! I nostri leaders si sono distinti per la fermezza e la determinazione nel propugnare e sostenere le sanzioni; altri hanno “brigato” riservatamente (si dice) per non danneggiare troppo le loro nazioni, ma i nostri sono fedeli al motto “in Italia crepi e fallisca chi vuole” perchè i voleri di UE e NATO (Washington) sono comandamenti inviolabili. Il popolo ha pagato e continua a pagare il suo tributo di vite e di benessere: i superiori corpi luminosi (per luce propria o per luce riflessa i più) continuano a incassare.

Non scendiamo nei particolari degli impegni internazionali (ma sono costituzionali veramente?) che l’Italia ha assunto dal 1999 in favore del blocco occidentale. Europa, Asia, Africa da quel momento ci hanno visto come “complici” attivi nei processi di democratizzazione (certo tutti i “sudditi” uguali davanti alla morte) e di liberazione (dai beni terreni principalmente). Un vero “blocco”, soprattutto “intellettivo”: siamo i migliori. Siamo i più forti perché dominiamo i nuovi mezzi di comunicazione di massa (web), perché abbiamo più armati e più armi (convenzionali o meno) e tra le armi produciamo liberamente gli strumenti di morte A-B-C (atomici, batteriologici, chimici). Il mondo odia sempre più l’occidente prevaricatore e mendace ma loro, i signori del denaro, del potere, del terrore si ostinano a non capire. O forse lo capiscono  e, pur di dominare, sono pronti  a trasformare il pianeta in un immenso e deserto cimitero.

A tutti gli uomini liberi e di buona volontà che seguono l’intelletto, la giustizia, la luce spetta il difficile compito di indicare e spingere nella via del bene comune.

Intanto chiudiamo con  Andre Vltchek che sul l New Eastern Outlook presenta  “la Siria come la Stalingrado dell’occidente”.

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